Campetti Brescia, Lunedì 24 gennaio, ore 21
Dinamo Pagano – Titograd FC 1-11 (1-5)
Formazione: Barrassi, Berli junior, Gisoldo, Vescera, Leone, Berli senior
In panca: Dido
Marcatori: Leone
Cronaca
In tanti anni di sfide col Titograd – di derby, come ci piace ancora chiamarlo nonostante i nostri cugini non siano più quelli di Juan al centro della difesa e del Conte tra i pali – mai era successo d’essere sepolti da 10 reti di scarto. L’11-1 finale di questa sfida di gennaio, apre la strada a diverse valutazioni. La prima, attorno alla quale ruotano tutte le altre, è sconfortante e realistica: la cura Bellitti, con la sua disposizione in campo, i 2 difensori e il play, la linea aggressiva a tre a centrocampo e i 2 attaccanti, ha aperto un mondo ai ragazzi; ma la sfida con l’Essedì, che per lunghi tratti avevano meritato di vincere e che comunque hanno giocato alla pari, ha illuso i nostri oltremisura. Il risultato è stato che, per la prima volta in tanti anni, sono scesi in campo con l’idea di giocarsela. Nonostante la sproporzione tra tecnica e fiato stia lì a spiegare perché, in sette tornei, il Titograd è il Titograd e la Dinamo è la Dinamo. Non è un caso che l’evoluzione, si direbbe darwiniana, dei blu-celesti abbia portato a una sola boa alta e centrale, a quattro difensori e all’unico schema della palla alta a scavalcare il centrocampo. I mister devono adattarsi al patrimonio umano che posseggono. Non possono permettersi di plasmare l’ideale. Fu l’errore di Zeman, quando spinse Foggia e il Foggia a credere di poter giocare a viso aperto contro il Milan di Van Basten e Baresi. E certi sbagli si pagano con le umiliazioni. Nella fredda e umida serata di Brescia, la Dinamo senza Cantelmo perde un prezioso riferimento tecnico. Sopperisce alzando il baricentro di Leone, da affiancare a Berli senior. Vescera fa il play, e sulle sue spalle grava gran parte del lavoro sporco della difesa e del contrattacco. Difesa a due, con l’alternanza tra Gisoldo (rientrante), Berli junior e Dido. Nel Titograd manca Jordan e questo fa incaponire ancor di più il sestetto pagano. Dopo venti minuti di riscaldamento, e cinque di torello, il fiato dei nostri è già ai minimi storici. Il Titograd scende in campo senza neanche fare una corsetta. Attacca da subito. Ma la Dinamo si difende e prova a ripartire, anche se l’aggressività degli slavi è imparagonabile a quella dell’Essedì: questi fendono gli spazi e si trovano a memoria, laddove quelli avevano difficoltà a superare la linea mediana. Ma è la Dinamo a sbloccare, con Leone, imbeccato da Dido. L’1-0 convince ancora di più i bellittiani, che sfiorano il raddoppio, sempre con Leone. Al 10’, più o meno, si accende la spia rossa. La Dinamo ha finito l’ossigeno e la benzina. Mani sui fianchi per molti. E parte un lungo, noioso, mai osteggiato, monologo dei campioni in carica. La Dinamo alterna persone e ruoli, ma non serve a nulla, neppure a limitare i danni. La catastrofe è figlia dell’entusiasmo. E di una certa supponenza. La Dinamo è una squadra operaia che vive di rari lampi emotivi, frutto di particolari condizioni di tensione. È per natura portata ad arroccarsi, a sopperire con l’agonismo ai limiti tecnici e tattici. Quando manca il riferimento alla grande impresa, resistere 55 minuti è uno strazio. Lo strazio che abbiamo vissuto.
Pagelle
Barrassi: para, e tanto, specie nel primo tempo, quando ancora serve a qualcosa. Nella ripresa, più volte si trova solo contro due o tre avversari. Limita i danni. 7
Gisoldo: parte con grinta, ma la difesa a due lo fa soffrire. Tende a chiudere al centro, come il suo collega dirimpettaio. E lascia praterie a destra. Poi prova avanti, e nonostante l’impegno, non cava un ragno dal buco. 4,5
Berli junior: quando riceve palla la da in orizzontale. Davanti a lui possono aprirsi anche i Campi Elisi, ormai è nell’ottica del fraseggio. Subisce come tutti quando la difesa si schiaccia facendo avanzare gli avversari. Nella ripresa, abbandona ruolo e amici. 4
Dido: lento nel possesso, non da mai la sensazione di trovarsi a proprio agio, né di aver trovato una collocazione. I suoi lanci in verticale finiscono sempre nel vuoto più desolante. 4
Vescera: soffre il maggior pressing avversario, non può spaziare come con l’Essedì. Ne è prova la continua gara a involarsi solitario della ripresa. 5
Leone: indolente, quasi fermo, a volte si rifiuta persino di inseguire gli avversari o di ripiegare alle loro ripartenze. Svogliato. 4
Berli senior: a sua discolpa solo l’ormai consolidata abitudine di non mollargli più palloni in verticale. Fa un assist, non tira mai in porta, non stoppa un pallone, scivola 4 volte. 3,5
Bellitti: ha provato a modificare una visione delle cose consolidata, come le rocce sedimentarie. Massimo rispetto all’Alchimista, ma l’impresa è impossibile. SV
Dinamo Pagano – Titograd FC 1-11 (1-5)
Formazione: Barrassi, Berli junior, Gisoldo, Vescera, Leone, Berli senior
In panca: Dido
Marcatori: Leone
Cronaca
In tanti anni di sfide col Titograd – di derby, come ci piace ancora chiamarlo nonostante i nostri cugini non siano più quelli di Juan al centro della difesa e del Conte tra i pali – mai era successo d’essere sepolti da 10 reti di scarto. L’11-1 finale di questa sfida di gennaio, apre la strada a diverse valutazioni. La prima, attorno alla quale ruotano tutte le altre, è sconfortante e realistica: la cura Bellitti, con la sua disposizione in campo, i 2 difensori e il play, la linea aggressiva a tre a centrocampo e i 2 attaccanti, ha aperto un mondo ai ragazzi; ma la sfida con l’Essedì, che per lunghi tratti avevano meritato di vincere e che comunque hanno giocato alla pari, ha illuso i nostri oltremisura. Il risultato è stato che, per la prima volta in tanti anni, sono scesi in campo con l’idea di giocarsela. Nonostante la sproporzione tra tecnica e fiato stia lì a spiegare perché, in sette tornei, il Titograd è il Titograd e la Dinamo è la Dinamo. Non è un caso che l’evoluzione, si direbbe darwiniana, dei blu-celesti abbia portato a una sola boa alta e centrale, a quattro difensori e all’unico schema della palla alta a scavalcare il centrocampo. I mister devono adattarsi al patrimonio umano che posseggono. Non possono permettersi di plasmare l’ideale. Fu l’errore di Zeman, quando spinse Foggia e il Foggia a credere di poter giocare a viso aperto contro il Milan di Van Basten e Baresi. E certi sbagli si pagano con le umiliazioni. Nella fredda e umida serata di Brescia, la Dinamo senza Cantelmo perde un prezioso riferimento tecnico. Sopperisce alzando il baricentro di Leone, da affiancare a Berli senior. Vescera fa il play, e sulle sue spalle grava gran parte del lavoro sporco della difesa e del contrattacco. Difesa a due, con l’alternanza tra Gisoldo (rientrante), Berli junior e Dido. Nel Titograd manca Jordan e questo fa incaponire ancor di più il sestetto pagano. Dopo venti minuti di riscaldamento, e cinque di torello, il fiato dei nostri è già ai minimi storici. Il Titograd scende in campo senza neanche fare una corsetta. Attacca da subito. Ma la Dinamo si difende e prova a ripartire, anche se l’aggressività degli slavi è imparagonabile a quella dell’Essedì: questi fendono gli spazi e si trovano a memoria, laddove quelli avevano difficoltà a superare la linea mediana. Ma è la Dinamo a sbloccare, con Leone, imbeccato da Dido. L’1-0 convince ancora di più i bellittiani, che sfiorano il raddoppio, sempre con Leone. Al 10’, più o meno, si accende la spia rossa. La Dinamo ha finito l’ossigeno e la benzina. Mani sui fianchi per molti. E parte un lungo, noioso, mai osteggiato, monologo dei campioni in carica. La Dinamo alterna persone e ruoli, ma non serve a nulla, neppure a limitare i danni. La catastrofe è figlia dell’entusiasmo. E di una certa supponenza. La Dinamo è una squadra operaia che vive di rari lampi emotivi, frutto di particolari condizioni di tensione. È per natura portata ad arroccarsi, a sopperire con l’agonismo ai limiti tecnici e tattici. Quando manca il riferimento alla grande impresa, resistere 55 minuti è uno strazio. Lo strazio che abbiamo vissuto.
Pagelle
Barrassi: para, e tanto, specie nel primo tempo, quando ancora serve a qualcosa. Nella ripresa, più volte si trova solo contro due o tre avversari. Limita i danni. 7
Gisoldo: parte con grinta, ma la difesa a due lo fa soffrire. Tende a chiudere al centro, come il suo collega dirimpettaio. E lascia praterie a destra. Poi prova avanti, e nonostante l’impegno, non cava un ragno dal buco. 4,5
Berli junior: quando riceve palla la da in orizzontale. Davanti a lui possono aprirsi anche i Campi Elisi, ormai è nell’ottica del fraseggio. Subisce come tutti quando la difesa si schiaccia facendo avanzare gli avversari. Nella ripresa, abbandona ruolo e amici. 4
Dido: lento nel possesso, non da mai la sensazione di trovarsi a proprio agio, né di aver trovato una collocazione. I suoi lanci in verticale finiscono sempre nel vuoto più desolante. 4
Vescera: soffre il maggior pressing avversario, non può spaziare come con l’Essedì. Ne è prova la continua gara a involarsi solitario della ripresa. 5
Leone: indolente, quasi fermo, a volte si rifiuta persino di inseguire gli avversari o di ripiegare alle loro ripartenze. Svogliato. 4
Berli senior: a sua discolpa solo l’ormai consolidata abitudine di non mollargli più palloni in verticale. Fa un assist, non tira mai in porta, non stoppa un pallone, scivola 4 volte. 3,5
Bellitti: ha provato a modificare una visione delle cose consolidata, come le rocce sedimentarie. Massimo rispetto all’Alchimista, ma l’impresa è impossibile. SV